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SANITÀ, SE NON LA CURI NON TI CURA

Il 29 ottobre mobilitazione nazionale a Roma


Roma, 23 settembre 2022


I prossimi mesi e anni saranno decisivi per il futuro del servizio sanitario nazionale.


L’avanzare di una crisi sociale ed economica che rischia di non avere paragoni nel recente passato e il perdurare di un conflitto in Europa dagli sviluppi imprevedibili, stanno facendo dimenticare, in modo colpevole e ingiustificato, quello che la pandemia, che - anche se non più così drammatica - non possiamo considerare conclusa, ha posto con inusitata violenza davanti agli occhi del paese: lo stato di profondo indebolimento del Servizio Sanitario Nazionale e cioè dello strumento che dovrebbe essere il garante del diritto sancito dall’articolo 32 della Costituzione per tutte e tutti i cittadini del nostro paese.


Le cause che hanno determinato la crisi del SSN sono chiare e vanno ricercate nelle politiche sanitarie degli ultimi 20 anni che, nel tentativo di contrastare l’espansione del debito pubblico, hanno di fatto spostato il baricentro e l’attenzione dell’azione politica dalla prevenzione e cura della persona, al taglio indiscriminato dei costi e di conseguenza delle attività.


Tagli lineari che abbiamo denunciato per anni (37 miliardi in un decennio), prevalentemente consistiti in riduzione di personale, hanno determinato una fragilità del sistema che ha rischiato di essere travolto dalla crisi pandemica anche per effetto delle diverse organizzazioni dei SSR.

Unico argine alzatosi a contenere il disastro: il lavoro e il sacrificio, in troppi casi fino alle estreme conseguenze, delle lavoratrici e dei lavoratori, delle professioniste e dei professionisti.

A fronte di tutto questo abbiamo riscontrato, anche grazie alla nostra azione, segnali che hanno provato ad invertire la tendenza (il fondo sanitario nazionale ha, seppur per un periodo limitato, ricominciato a crescere) salvo poi essere disconfermati con l’ultimo documento di programmazione economico finanziaria che ipotizza nuovamente una riduzione del finanziamento alla sanità a partire dal 2025.


Nel frattempo, mentre le regioni lamentano la mancata compensazione delle maggiori spese sostenute per il CoViD nel 2021, un personale stremato e disilluso fa fronte quotidianamente alla situazione in un contesto fatto di organici insufficienti, turni massacranti, con quote importanti di personale precario immesso prima e durante la pandemia che – pur potendo in teoria essere stabilizzato anche grazie all’allargamento dei criteri che abbiamo contribuito a determinare - resta spesso nel limbo a causa del permanere sostanziale dei limiti alla spesa in materia di personale e quote importanti di salario messe in discussione, ancora una volta a causa del perverso meccanismo dei tetti di spesa.

 
 

Si spiega così, semmai davvero fosse necessario dare spiegazioni, la fuga dalle professioni e la scarsa attrattività dei corsi di laurea per le professioni sanitarie: salari ancora troppo bassi, nonostante le importanti novità che abbiamo introdotto nell’ultimo rinnovo contrattuale del settore pubblico, precarietà, carichi di lavoro insostenibili.


Così come, specularmente, all’inizio della pandemia si è spiegato l’esodo di lavoratrici e di lavoratori dai settori privati verso il pubblico nella speranza di migliorare la propria condizione. Davvero qualcuno può meravigliarsi?


Una serie di problematiche che richiedono interventi complessivi e che non potranno di certo essere risolti semplicisticamente con l’ipotesi di prolungare ulteriormente i percorsi di laurea degli esercenti le professioni sanitarie.


Con le risorse del PNRR la sanità italiana ha ora un’occasione straordinaria, che il paese sta rischiando di sprecare: ridisegnare complessivamente l’architettura della sanità per garantire a tutte e tutti il diritto alla Salute, definire con chiarezza il rapporto fra ospedale e territorio, investendo in maniera importante su quest’ultimo al fine di garantire una reale continuità nella presa in carico della Persona, il rapporto fra i diversi attori e una reale valorizzazione dei professionisti sanitari.


Ad oggi, tuttavia, non essendo le risorse del PNRR utilizzabili anche per la spesa per il personale, è forte il rischio che alla costruzione di strutture, all’ammodernamento del parco tecnologico, ai processi di riorganizzazione non possa corrispondere un’adeguata dotazione di personale dipendente dedicato.


Se il potenziamento dell’assistenza sanitaria e sociosanitaria territoriale è una condivisibile priorità fotografata dalla Missione 6 del PNRR, non possiamo accettare che, nella fase di applicazione del DM 77/2022, si corra il pericolo di minare l’universalità dei servizi pubblici, favorendo potenzialmente un grande processo di privatizzazione della sanità del nostro paese, magari con l’alibi che nel pubblico mancano gli operatori.


Senza una concreta, significativa e duratura inversione di tendenza, quindi, è forte il rischio di una profonda mutazione della natura e della funzione del servizio sanitario nazionale.


Gli esiti della stagione dei tagli che vogliamo definitivamente lasciarci alle spalle ci parlano di una riduzione degli organici stimata – probabilmente per difetto - in 35.000 unità solo per il comparto dal 2009 – e di una riduzione dell’offerta di cura, con il numero dei posti letto – solo per fare un esempio – sceso a 3,13 posti letto/1000 abitanti (fonte Ministero della Salute) rispetto al 5,1 posti letto/1000 abitanti del 2000 e al 4,2 posti letto/1000 abitanti del 2012. Una percentuale, in particolare se riferita ai posti letto per acuti, che ha portato l’Italia sotto Paesi come la Serbia, la Slovacchia, la Slovenia, la Bulgaria, la Grecia.

 

Guarda cosa può fare per te il patronato INAS CISL in caso di infortunio o malattia

 

A fronte di tutto ciò assistiamo ad una campagna elettorale all’interno della quale il tema della salute risulta intollerabilmente sottodimensionato, nel dibattito, rispetto a quanto sarebbe necessario.


Per questo, unitariamente, insieme a tutte le lavoratrici e ai lavoratori che operano in sanità, nel pubblico e nel privato, ci mobilitiamo, chiedendo a chi si candida, ora, e al nuovo parlamento, fra qualche giorno, un impegno a garantire:


MAGGIORI RISORSE PER IL FONDO SANITARIO NAZIONALE

Occorre confermare il trend di crescita del Fondo Sanitario Nazionale avviato negli ultimi 3 anni, a partire dalla stabilizzazione delle risorse Covid, per colmare il grave gap creatosi con il progressivo definanziamento del SSN.

Occorre invertire questa tendenza, al fine di garantire a tutti i cittadini l’applicazione omogenea dei Livelli Essenziali di Assistenza, posto che, nonostante l’aumento del FSN, le famiglie spendono oltre 40 mld l’anno per la spesa “out of pocket”.


• LOTTA ALLE ESTERNALIZZAZIONI

Sotto la spinta dei tagli al finanziamento e del limite alle assunzioni di personale imposto dai vincoli di spesa, si è generato, in questi anni, il paradosso, per le Aziende sanitarie pubbliche, di un aumento vertiginoso delle spese per l’acquisto di beni e servizi da privati.

Questo trend va modificato, bloccando i processi di esternalizzazione e avviando percorsi di reinternalizzazione dei servizi - così come ulteriormente ribadito dalla legge 234/2021, che prevede anche forme di salvaguardia dei livelli occupazionali, – con l’obiettivo di riportare alla gestione pubblica pezzi del ciclo della produzione di salute ormai largamente gestiti dal privato


• IL SUPERAMENTO DEI LIMITI AI TETTI DI SPESA PER IL PERSONALE

Nonostante gli interventi fatti sino ad oggi, nel nostro Servizio Sanitario Nazionale permane ancora il limite alla spesa per le assunzioni di personale, fermo ancora alla spesa consolidata nel 2018 o a quella 2004 ridotta dell’1,4%.

Occorre superare ogni tetto di spesa relativo alle capacità assunzionali delle regioni e delle aziende, a partire da quello tuttora previsto nel Dl 35/19 (Decreto Calabria), generando in questo modo la possibilità di assumere anche in funzione della fase applicativa delle misure previste dal PNRR


• ASSUNZIONI – STABILIZZAZIONI

Non è più rinviabile affrontare il tema della carenza di organico fra i Professionisti Sanitari, gli Operatori Socio Sanitari, il personale amministrativo, se vogliamo garantire il diritto alla salute previsto dall’art. 32 della Costituzione.

Occorre dare vita ad un piano straordinario per l’occupazione che parta dalla stabilizzazione della ingente mole di precari inseriti a vario titolo nel sistema, sia prima che durante la pandemia, ricomprendendo in questo processo anche i precari degli Irccs e degli Izs.

Si rende necessario inoltre prevedere, per almeno cinque anni, la deroga al numero chiuso nei percorsi di formazione universitaria per le professioni sanitarie


• ADEGUATE RISORSE CONTRATTUALI

L’attuale meccanismo che prevede che le risorse per il rinnovo dei contratti del pubblico impiego vengano previste nell’ambito del DEF, suddivise nel corso dei 3 anni di vigenza, rende di fatto molto complicato un rinnovo contrattuale prima della scadenza del contratto.

Ad oggi il personale della sanità opera già in un regime di vacanza contrattale perché la preintesa raggiunta lo scorso 15 giugno riguarda il triennio 2019-2021. Se si vuole veramente valorizzare il personale della sanità, occorre stanziare le risorse per il rinnovo del contratto 2022-2024, modificando l’impostazione dell’attuale Def, determinando già uno stanziamento complessivo delle risorse che tenga conto dell’intero triennio, esattamente come avviene nei maggiori settori privati


• LA CONTRATTAZIONE DECENTRATA e LA VALORIZZAZIONE DEL PERSONALE

  • E’ indispensabile garantire ulteriori spazi alla contrattazione integrativa, abrogando il limite ai fondi previsto dall’art. 23 comma 2 del Dl 75/2017; questo anche al fine di consentire un ulteriore finanziamento aggiuntivo per il nuovo sistema degli incarichi inteso come reale leva organizzativa della sanità basata sulla specializzazione delle prestazioni, che - attraverso l’utilizzo di competenze avanzate da parte dei professionisti sanitari e socio-sanitari del comparto- traguardi una risposta sempre più efficace ai bisogni di salute dei cittadini

  • Rivedere, per tutti i professionisti sanitari, alla luce dell’evoluzione dei percorsi formativi e delle competenze acquisite, le norme che regolano l’esercizio professionale, anche al fine di aumentare la risposta ai bisogni dei cittadini

  • Una ridefinizione unitaria, omogenea sul territorio nazionale e senza inopportune fughe in avanti delle singole regioni, della figura dell’Operatore Socio Sanitario

  • Prevedere il riconoscimento per gli operatori dei settori sanitari e dell’assistenza pubblici e privati del lavoro usurante ai fini dell’anticipo previdenziale e norme contrattuali che favoriscano ragionevoli accomodamenti nell’ alternanza tra mansioni gravose e altre attività


• INTEGRAZIONE FRA PUBBLICO E PRIVATO

Di pari passo alle misure necessarie al rilancio e messa in sicurezza del SSN è indispensabile garantire sostenibilità ai servizi gestiti a vario titolo dal privato, al fine di favorire il rilancio della contrattazione nel settore e di combattere il dumping contrattuale, che è causa di cattive condizioni di lavoro e di un rischio di peggioramento della qualità delle prestazioni. Per fare questo chiediamo:

  • Lo sblocco dei contratti della sanità privata, delle Rsa, del settore sociosanitario e socioassistenziale scaduti da anni, con l’obiettivo di garantire parità di trattamento a parità di prestazioni

  • l’adeguamento nelle basi d'asta alla variazione dei costi derivanti dal rinnovo dei CCNNLL da parte delle committenze pubbliche, prendendo a riferimento i CCNL sottoscritti dalle organizzazioni maggiormente rappresentative che abbiano il campo di applicazione più congruo


• INTEGRAZIONE FRA SANITARIO E SOCIALE

Come OO.SS. riteniamo inoltre necessario intervenire per realizzare in maniera diffusa, su tutto il territorio nazionale, una concreta integrazione, nell’ambito delle strutture territoriali, tra la gestione pubblica dei servizi sociali e quella dei servizi sanitari, oggi molto frammentate tra loro e spesso percepite come due mission distinte.

È necessario investire di più sulla componente sociale perché, quando essa interviene riuscendo a prevenire forme di disagio e fragilità, contribuisce a limitare il ricorso alle prestazioni di natura sanitaria, in particolare ospedaliera.




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